Martedì 4 dicembre alle 18:00 presso il Palazzo Universitario (corso Vittorio Emanuele, 92) verrà rappresentato Le parole rubate di Salvo Palazzolo e Gery Palazzotto.
Chi ha rubato le parole di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino? Ruota attorno a questa domanda la storia di “Le parole rubate”. Da Capaci a via d’Amelio, la storia di quei cinquantasette giorni è il resoconto di un’epidemia di distrazione collettiva.
Una storia che parte da due immagini.
Sabato 23 maggio 1992, ore 22. Quattro ore dopo la strage di Capaci, due magistrati e un ufficiale dei carabinieri entrano nell’ufficio di Giovanni Falcone al ministero della Giustizia, si guardano intorno e non toccano nulla: lasciano lì i computer, i documenti e gli appunti del magistrato appena assassinato. Entrano, guardano e se ne vanno.
Cinquantasette giorni dopo, sabato 19 luglio, alle 16,57, Paolo Borsellino scende dalla sua auto blindata in via d’Amelio a Palermo. In una mano ha una sigaretta, nell’altra l’accendino con cui la accende. La borsa con la sua agenda rossa è in auto e lì rimarrà sin quando, due minuti dopo, Cosa Nostra farà esplodere una Fiat 126 imbottita con 90 chili di tritolo. Poi quell’agenda sparirà.
A 25 anni di distanza in un teatro d’opera si ricostruisce, per la prima volta, il più grande cambio di scena a sipario aperto che la nostra democrazia ricordi. Si racconta di quando in un’eclissi della democrazia, nel buio del vuoto di potere, entrarono in azione gli specialisti del depistaggio che, seguendo un metodo ben collaudato, sottrassero le parole più importanti dei due magistrati assassinati.